Chi pagherà le ristrutturazioni delle case green volute dall’Ue?

Il dibattuto green deal europeo per gli edifici pubblici e privati ha incassato lo scorso anno il via libera dal Consiglio dei ministri europei dell’Economia e dell’Europarlamento. Lo scopo è di ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore edilizio entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Tra gli obiettivi figurano anche la ristrutturazione di un maggior numero di edifici con le prestazioni peggiori e una migliore diffusione delle informazioni sul rendimento energetico. Uno degli aspetti più discussi riguarda le possibili sanzioni se non si ristruttura casa entro il 2030, in particolare lo stop alla vendita delle case in classe G.

La classificazione energetica

La legge impone che tutti gli edifici residenziali raggiungano almeno la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033. L’obiettivo centrale della direttiva “casa green” in Europa è lavorare su quel 15% di edifici con elevati consumi energetici. Questi immobili saranno collocati nella classe energetica G, cioè la più bassa (secondo le decisioni prese dai singoli Stati membri): in Italia, parliamo di circa 1,8 milioni di edifici in classe G su un totale di 12 milioni, come riportato dall’Istat.

Un numero davvero elevato di privati, che sono ragionevolmente preoccupati per il prossimo futuro. Ma è vero, quindi, che se non si adegua la classe energetica, a partire dal 2030 i proprietari di immobili non potranno più vendere e affittare casa? Nella manovra economica non esiste alcun divieto di transazioni immobiliari per chi non incontra i nuovi standard imposti. Nella proposta presentata dalla Commissione Ue il 15 dicembre scorso, è stato, infatti, rimosso il divieto di affitto e vendita degli immobili con basso rendimento energetico.

L’adeguamento energetico

Per adeguarsi alla nuova normativa, i proprietari di immobili dovranno effettuare una serie di interventi di ristrutturazione volti a migliorare l’efficienza energetica. Tra gli interventi più comuni vi sono l’installazione di sistemi di isolamento termico, la sostituzione di vecchi impianti di riscaldamento con soluzioni più efficienti e l’impiego di pannelli solari. Inoltre, sarà importante effettuare una valutazione energetica dell’edificio e quindi identificare le aree che necessitano di miglioramenti. Per aiutare i cittadini a sostenere i costi delle ristrutturazioni, molti paesi europei stanno mettendo a disposizione incentivi e agevolazioni fiscali.

Le sanzioni

Il mancato adeguamento alla direttiva non comporterà il divieto di vendita degli immobili non ristrutturati. È importante evidenziare, però, che il legislatore europeo lascia facoltà ai singoli paesi membri di legiferare sulle sanzioni; pertanto, i dettagli specifici possono variare da una nazione all’altra, in base alle modalità di recepimento della direttiva europea. Inoltre, ci saranno conseguenze economiche per i proprietari di immobili. È molto probabile, infatti, che il mercato reagisca svalutando gli edifici meno efficienti:

La posizione del governo italiano

La direttiva Case Green ha suscitato un dibattito acceso in Italia. Il governo Meloni, che assieme all’Ungheria ha votato contro la direttiva, ha espresso preoccupazione per l’impatto economico che potrebbe avere sui proprietari di immobili. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha motivato questa decisione sulla base delle incognite legate al finanziamento delle misure di ristrutturazione da fare. Giorgetti ha definito in maniera un po’ ironica la direttiva «bellissima» e «ambiziosa», ma si è poi chiesto: «Chi paga?». In effetti non c’è ancora chiarezza sulle spese che dovranno essere sostenute per realizzare gli interventi di ristrutturazione, né come saranno finanziate nel dettaglio. Ci sono varie stime e previsioni, ma tutte piuttosto aleatorie e anche notevolmente discordanti l’una dall’altra. È verosimile che per l’Italia si tratterà di una spesa di alcune centinaia di miliardi, che potranno essere coperti almeno in parte con fondi europei. Secondo un’analisi di Deloitte, riportata da Il Sole 24 Ore, sarebbero necessari tra gli 800 e i 1.000 miliardi di investimenti.

Ecco cosa prevede in sintesi la normativa.

  • EDIFICI NUOVI – Dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030. Per quelli di proprietà pubblica la scadenza è fissata al 2028.
  • RISTRUTTURAZIONI – Abbandonata l’idea delle classi energetiche armonizzate, almeno il 16% – rispetto al 2020 – degli edifici pubblici con le peggiori prestazioni andrà ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Per le case si applicherà un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035. Una promozione che richiede interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione, pannelli solari.
  • PANNELLI SOLARI – L’obbligo di installarli riguarderà i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. Dovranno inoltre essere attuate strategie, politiche e misure nazionali per dotare di impianti solari gli edifici residenziali.
  • CALDAIE A GAS – I Paesi avranno tempo fino al 2040 per dire addio alle caldaie a combustibili fossili, mentre dal 2025 saranno aboliti tutti i sussidi per le caldaie autonome a combustibili fossili. Previsti anche incentivi per incoraggiare il passaggio a sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da energie rinnovabili.
  • FLESSIBILITÀ – Le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo di efficienza.
  • ESENZIONI – I governi potranno esentare gli edifici storici e agricoli, le chiese e i luoghi di culto, gli immobili a uso militare e quelli utilizzati solo temporaneamente.
  • PIANI NAZIONALI – I 27 Stati membri avranno due anni di tempo per adeguarsi presentando a Bruxelles le loro tabelle di marcia per indicare la via che intendono seguire per centrare gli obiettivi di efficientamento.
  • INVESTIMENTI – La Commissione europea stima che entro il 2030 saranno necessari 275 miliardi di euro di investimenti annui per la svolta energetica del parco immobiliare, ovvero 152 miliardi di euro di investimenti all’anno in più rispetto alle risorse attuali. Non sono previsti finanziamenti dedicati, ma i Paesi potranno attingere ai fondi Ue per sostenere la svolta: tra questi, il Fondo sociale per il clima, il Recovery fund e i Fondi di sviluppo regionale.