
L’ecologia dei Conservatori
di Nicola Procaccini *
Nel dibattito in corso in questi anni sull’ambiente, troppo spesso il tema ecologico è stato monopolizzato da una sinistra che lo ha trasformato in una battaglia ideologica e colpevolizzante. La tutela del patrimonio ambientale dovrebbe invece essere la più alta forma di amore per ciò che ci è stato dato in dono: la terra, la casa comune, la bellezza del Creato. Come conservatori, rivendichiamo una visione della salvaguardia ambientale in cui l’uomo e la natura coesistono in armonia, rispettando il passato e guardando con responsabilità ed equilibrio al futuro.
All’interno del pensiero conservatore esiste una lunga tradizione ambientalista espressa da illustri intellettuali, da Edmund Burke a Roger Scruton. La mia stessa formazione alla vita e alla politica, come per tanti altri giovani della mia generazione, è sempre stata accompagnata da un filo verde, quell’amore per la salvaguardia dell’ambiente che, allora come oggi, portiamo dentro orgogliosamente noi di destra. Un’idea, direi una naturale propensione che appartengono alla cultura conservatrice e che ha dato vita a esperienze straordinarie, come le iniziative raccolte intorno a Fare Verde e all’uomo che ne ha rappresentato l’anima: Paolo Colli. Mi ritengo quindi un ecologista molto più di Greta Thunberg e di tanti che fanno politica etichettandosi come “verdi” che, orfani di un’ideologia sconfitta dalla storia, si sono riciclati attraverso una sorta di pseudo ambientalismo surrogato del comunismo.
Tra gli spunti di riflessione più importanti sui temi della difesa dell’ambiente meritano grande attenzione i contributi forniti dagli ultimi tre pontefici che hanno preceduto Leone XIV, che si pongono nella tradizione del pensiero sociale della Chiesa e del patrimonio dei valori del monachesimo benedettino e francescano sul rapporto con la natura e il Creato. A partire dalla concezione di ecologia umana enunciata da Giovanni Paolo II, in cui l’uomo governa il Creato, la natura ma senza avere il diritto di manipolarla e stravolgerla.
Il filosofo conservatore britannico, Roger Scruton, affermava che “l’ecologia è la quintessenza della causa conservatrice, l’esempio più vivido dell’alleanza tra chi c’era ieri, chi c’è oggi e chi nascerà domani”. In questa concezione dell’ecologia vi è una connessione tra l’elemento materiale della natura, della bellezza che ci circonda e la trascendenza di un soffio divino che io colgo anche in un filo d’erba, per non parlare della vita umana ed animale. Un ecologismo spirituale che porta, appunto, verso una cosiddetta ecologia del Creato, che vuol dire che l’essere umano, essendo fatto a immagine e somiglianza di Dio, non è un animale tra gli animali, non ha un ruolo di semplice spettatore o soggetto passivo ma ha un ruolo proattivo, di difesa, custodia e conservazione del Creato e della vita sempre, dal concepimento fino alla morte naturale. Non si può essere ecologisti e preoccuparsi solo delle uova di tartaruga, ignorando la vita umana, dal concepimento alla fine naturale.
Eppure, l’ecologismo di sinistra fa proprio questo, si occupa di tutto meno che della vita degli esseri umani, che deve essere cancellata il prima possibile con tutti i vari strumenti, dall’eutanasia in poi. Una visione dell’ambientalismo connotata da un furore ideologico che ha condotto a pesanti ripercussioni per i cittadini senza alcun reale beneficio per il patrimonio naturale. Ne è esempio il Green Deal europeo, pregno di radicalismo ideologico senza tener conto delle conseguenze pratiche sulla quotidianità di imprese e famiglie. Gli obiettivi di decarbonizzazione vanno condivisi ma sono da raggiungere con gradualità e pragmatismo, attraverso azioni in cui la sostenibilità ambientale viaggi di pari passo con quella sociale ed economica. In questi anni invece abbiamo assistito a una degenerazione dell’ambientalismo che è diventato una specie di religione laica, che ricorda molto da vicino il comunismo o il socialismo.
Per i conservatori è importante difendere chi nella natura vive e lavora da generazioni, chi non può farsi dare lezioni di ambientalismo da chi la natura la visita solo in vacanza. Per questo difendiamo gli agricoltori perché rappresentano le nostre radici, sono i “bioregolatori” della natura, così come gli allevatori ed i pescatori, che hanno anche il ruolo di custodire e manutenere la natura. Per qualcuno, gli esseri umani devono essere esclusi dalla natura affinché essa prosperi. È un errore tragico. Questo ci differisce dalla parodia che spesso viene fatto dall’ambientalismo a sinistra.
Non si tratta quindi di rifiutare il progresso, ma di orientarlo. Non di negare la scienza, ma di metterla al servizio della vita. In questa prospettiva si inserisce un’altra magnifica sfida, forse la più esaltante del nostro tempo per i benefici straordinari che può apportare alla qualità della vita umana e del pianeta: è la sfida della fusione nucleare, che oggi appare come la più promettente via per un’energia pulita, sostenibile e virtualmente inesauribile. La fusione – la stessa forza che alimenta il cuore delle stelle e imita il processo che alimenta il sole – è il richiamo simbolico più potente alle origini dell’universo, al Big Bang, al mistero della creazione stessa. E’ giusto e importante investire nella ricerca ed è rilevante che l’Italia, promuovendo il G7 della fusione nucleare, si sia proiettata ad investire in questo avvincente sogno dell’umanità.
E’ giunto il momento in cui la difesa dell’ambiente legata al conservatorismo debba finalmente avere la necessaria e continua centralità nel dibattito pubblico, perché in grado di fornire un patrimonio di valori e di idee ad una problematica decisiva per le sorti della nostra Nazione e dell’intero pianeta.
Ecologia non è rinuncia ma responsabilità. Non è paura del futuro, ma speranza attiva nel presente.
* Europarlamentare di Fratelli d’Italia e co-presidente del gruppo di Conservatori al Parlamento europeo – Responsabile Ambiente ed Energia di Fratelli d’Italia





